L’ESSENZIALE
Mai come in questo periodo siamo costretti a misurarci con il senso del tempo, momenti, ore, secondi tra il lavoro del quotidiano e il pensiero a quello che arriverà dopo.
Un gioco di incastri degno delle incisioni di Escher: forse converrebbe lavorare di sottrazione.
Nelle lezioni americane Calvino parte dal concetto di sottrazione di peso, non di concetto.
Smussare, togliere, per arrivare all’essenziale.
In questo numero del lato positivo abbiamo selezionato il nostro “essenziale”, come lavoreremo, quale sarà il peso dei lavoratori, è possibile un ritorno alla semplicità?
Domande difficili, sulle quali si sono confrontati filosofi e scrittori, artisti e “semplici” cittadini.
Non pretendiamo di dare delle risposte, ci limitiamo ad aprire delle domande.
Buona lettura!
Bussola
La sensazione è di impotenza.Come restare su una spiaggia in attesa di un’onda molto, molto alta.
Ci sono tante cose che sfuggono al nostro controllo. Ma come si può diventare parte attiva?
Il futuro non è scritto…
Zoom sul lavoro
uando le parole sono troppe, o troppo poche, in un momento di sovrabbondanza linguistica, di una dialettica ragionata e misurata che imperversa in sottofondo e in lunghe pagine di rotocalchi d’attualità, è qui che l’immagine rivendica la sua forza evocativa.
Il lavoro, spesso, non viene apprezzato, ma sta aiutando la società ad andare avanti in questa crisi.
Con le strade deserte e gran parte delle attività non essenziali sospese, stiamo finalmente vedendo i volti di chi ci permette di sopravvivere.
Anche i fotografi svolgono un lavoro indispensabile, mostrandoci delle realtà di cui altrimenti non si saprebbe l’esistenza.
Come è cambiata la nostra visione di quelli che definiamo “lavori di importanza vitale”? I fotografi del National Geographic e di Magnum Photos ci offrono uno sguardo globale su come il coronavirus sta influenzando il mondo che vedono da dentro, e appena fuori, le loro finestre.
La fotografia ce li restituisce: spazio alle immagini, largo ai colori grazie ai fotografi del National Geographic e di Magnum Photos.
Elogio della lentezza
emergenza ci ha messo davanti l’urgenza e la necessità di ripensare le nostre attività: blindati fra quattro mura, abbiamo riscoperto il valore delle cose semplici, fatte in casa.
Fra gli scomparti della credenza non abbiamo solo ritrovato farina, lievito e gli odori dell’infanzia, ma anche un modo semplice di vivere la vita, più realistico, a tratti più naturale.
In un mondo in cui le sovrastrutture dominano le nostre dimensioni sociali, tra cliché e perbenismi necessari, standing posati e misurati, fra corse quotidiane ed indaffarate conversazioni, abbiamo forse riscoperto il piacere di fermarsi, rallentare, osservare.
Questa pandemia può spingerci ad essere più semplici?
I pezzi del puzzle
Non esiste più quasi un solo bene complesso che sia concepito e prodotto in tutte le sue parti in un solo paese. Le imprese di tutti i paesi hanno diversificato le loro filiere e catene del valore in modo da ottenere la massima efficienza e minimizzare i costi.
La ricerca della massima efficienza ci ha portati a ridurre all’osso le infrastrutture alla base del nostro vivere. Il Covid-19 ci ha posto di fronte una realtà inattesa: cosa fare se la propria produzione si basa su quell’unico componente assemblato dall’altra parte del mondo?
Ci potremo ancora permettere la riduzione all’essenziale per produrre tanto superfluo?
Una tabella chiara (e semplice)
e porte chiuse cominciano ad aprirsi, si intravede fra la sottile fessura un mondo che lentamente e cautamente cerca di rinascere, a piccoli passi.
Le misure restrittive imposte si stanno allentando, le autorità nazionali e locali di tutto il mondo stanno gradualmente riattivando l’economia e i margini di libertà, non solo individuali.
In questa tabella si mostra lo stato delle misure adottate in ambito di cinque aree importanti: scuole, negozi, bar e ristoranti, trasporti pubblici e viaggi internazionali. Eccezioni alla regola generale sono annotate, dove significative.
Il grafico si concentra sui paesi e gli stati degli Stati Uniti con il più alto numero di infezioni, nonché altri territori le cui economie sono importanti a livello regionale.
Il grafico verrà aggiornato man mano che più governi annunceranno misure per riaprire le loro economie.
Luci Cooperative
Biljana Prijich, Alleanza 3.0
Mi fa sempre una certa impressione pensare di avere ventimila colleghi. Mi fa ancora più impressione oggi pensare che questi ventimila colleghi ci hanno garantito l’essenziale in queste lunghe settimane. I lavoratori e le lavoratrici di supermercati e ipermercati (con l’aiuto di chi come me li supporta “dalla sede”) hanno permesso a noi tutti di continuare a fare la spesa e a dar da mangiare alle nostre famiglie. Noi, che le code ai supermercati le avevamo viste solo nei momenti più bui della DDR o del Cile o di Sarajevo o di Aleppo, abbiamo capito che essenziale non è solo la farina, ma anche chi l’ha messa sullo scaffale e chi l’ha portata lì. Riscoprire l’essenziale è di certo un lato positivo di questa nostra storia collettiva. Sperando che le code alla Coop diventino presto solo un ricordo.
Scaffale
ECONOMIA FONDAMENTALE. L’infrastruttura della vita quotidiana”. Collettivo per l’economia fondamentale, Einaudi Editore
“La routine mattutina. Porti i bambini a scuola e vai a lavorare: è la mattina di un giorno feriale in una qualsiasi città europea. Quando suona la sveglia, si accende la luce di fianco al letto, poi via nella doccia per svegliarsi; fai colazione con pane e un po’ di latte del supermercato, scaldato sul fornello, perché a entrambi i bambini piace così. La donna che assiste tua madre telefona per dirti che oggi non riesce a passare. Accedi a internet per controllare il tuo conto in banca perché è la terza settimana del mese, e prenoti una riparazione della caldaia che andava fatta da tempo. I bambini bisticciano di nuovo mentre vi affrettate verso la scuola del quartiere, al di là del parco. Infine prendi l’autobus per un viaggio di venti minuti fino al centro, dove lavori come tecnico sanitario nel grande ospedale universitario della città.”
[…] In Europa, fra le 7 e le 9 di ogni mattina lavorativa la maggioranza dei cittadini utilizza beni e servizi forniti da più di sei sistemi, economici e sociali, che costituiscono l’infrastruttura quotidiana della vita civile. Nell’esempio, il genitore che lavora utilizza e si affida ad almeno 11 servizi diversi prima di cominciare il suo lavoro: fornitura elettrica; acqua corrente; scarico di acque reflue e fognature; approvvigionamento alimentare al dettaglio; gas domestico; telecomunicazioni (tramite cavi di rame di rame e wireless); assistenza agli anziani; retail banking; manutenzione della proprietà; istruzione; trasporto pubblico.
[…] nei Paesi ad alto reddito […] la continuità dei servizi e la permanenza delle strutture sono ritenute talmente scontate che le occasionali interruzioni sono motivo di stupore o di scandalo.
[…] Immaginiamo la situazione in cui l’ipotetica famiglia con cui abbiamo iniziato non potesse mai andare dal parrucchiere, non potesse permettersi un divano per il soggiorno o il salotto, non potesse mai andare in vacanza, e infine non potesse permettersi un funerale dignitoso. Individui impoveriti come questi esistono in ogni democrazia capitalistica avanzata, ma le loro condizioni di vita violano tutte le norme sociali di quelle società, ne violano per così dire la cultura”.
Un punto di vista originale, scritto in epoca pre-Covid, per guardare alla realtà quotidiana, usando categorie di pensiero non scontate, a partire dall’idea che il benessere dipenda non dai consumi individuali, quanto dal consumo sociale di beni e servizi essenziali e che i consumi individuali dipendano dall’esistenza o meno di infrastrutture e sistemi di distribuzione che diamo per scontati. Una prospettiva che invita a pensare alla tecnologia dal punto di vista dell’utente e non dell’innovatore, mettendo in risalto “una grande opportunità: indurre gli utenti che sanno maneggiare il vecchio e il nuovo a integrare le nuove tecnologie con le attività sociali, come l’assistenza agli anziani” e a contestualizzare in una prospettiva storica, ricordando che, “nell’arco di una o due generazioni, i beni di lusso possono trasformarsi in bisogni”, come il riscaldamento centralizzato e l’assistenza domestica.
Si maggiore
Vogliamo regalarvi il nostro lato positivo fatto di melodie e note che hanno accompagnato la pausa caffè delle giornate lavorative. Nasce così la nostra playlist: canzoni che tutti i colleghi di CNS hanno voluto condividere e che abbiamo trasmesso giornalmente nella nostra rubrica CNS Rhapsody.
Sorsi di carica e speranza in un comune amplificatore.
Buon ascolto!
Playlist:
- 90 Min – Salmo
- T.N.T. – AC/DC
- Ogni tanto – Gianna Nannini
- Steven Wilson – Pariah ft. Ninet Tayeb
- Fiori di Chernobyl – Mr. Rain
- New Shoes – Paolo Nutini
- Celebra la vida – Axel
- Mas Que Nada – Sergio Mendes feat. Black Eyed Peas
- Una canzone per te – Vasco Rossi
- A vida – Collettivo Soleluna
- 50 Special – Cesare Cremonini
- Dance monkey – Tones and I
- Happy – Pharrell Williams
- Ti sento – Mattia Bazar
- Bella Ciao – La Casa De Papel
- Simple man – Shinedown
- Reboot – Funk Shui Project
- Perfect – Ed Sheran
- Bliss – Muse
- Possibili scenari – Cesare Cremonini
- My Favourite Game – The Cardigans
- Snow valley – Breakthru
- Don’t stop me now – Queen
- Here comes the sun – The Beatles
- L’esercito del selfie – Takagi & Ketra
- Five years – David Bowie & Arcade Fire
- Azzurro – Adriano Celentano
- Wish you were here – Alpha Blondy
- No woman no cry – Jimmy Sax
- I Will Survive + Maroon 5 Mashup – Pomplamoose ft. Andie Case
- Águas de Março – Elis Regina
- Qui – Vasco Brondi
- Viva La Vida – David Garrett
- Partigiano Reggiano – Zucchero
- E la vita la vita – Cochi e Renato
- Grande raccordo anulare – Corrado Guzzanti
- Azzurro – Erica Mou
La sfida per i lettori
Quali sono le cose essenziali alle quali avete trovato l’accesso in questo tempo sospeso?
Se ne hai voglia, scrivici la tua risposta all’indirizzo: illatopositivo@cnsonline.it
Le risposte del lettore
Abbiamo ricevuto più di una risposta alle domande del numero 0, abbiamo scelto quella della nostra collega Rosella fra le tante.
- Ho imparato a godere del dolce far nulla: fino ad ora ho sempre dato un’accezione negativa all’ozio, era quasi sempre accompagnato da un “senso di colpa” per cui difficilmente riuscivo a dedicargli del tempo; in questi due mesi ne ho scoperto i benefici, sia fisici che mentali. Più ozio per tutti! Ho imparato a fare i bignè di San Giuseppe! Credo che non ne comprerò mai più, mi vengono troppo bene!
- 1° errore: viaggio poco! Ho capito che, appena possibile, lascerò sempre una valigia pronta soprattutto per conoscere la mia splendida nazione.
2° errore: strettamente legato al 1°, mi ricongiungo poco con gli affetti. Inevitabilmente in questi due mesi ho temuto di perdere qualcuno ed è stato terribile. Andrò a trovare più spesso le persone a me care, non solo i parenti, ma gli amici che non vedo da troppo tempo (e non a causa della pandemia). Non mi tratterrò più nel dimostrare amore e affetto. Preparerò anche dei bignè per mio padre. - Sul terzo punto credo di perdere la sfida. Sono della filosofia che solo da una cosa non si torna indietro e la conosciamo tutti; per il resto credo che ci sia sempre una seconda possibilità, dipende solo da noi. Anche il tempo perso è recuperabile, basta solo crederci
Al prossimo venerdì