
Io non so – foto di Maurizio di Leo
IO NON SO
Questa settimana in redazione, tra i reduci prima delle ferie, rigorosamente alternate, abbiamo ragionato sui tanti “non lo so” che abbiamo sussurrato in questi mesi e quelli che forse continueranno ad esserci fra la realtà nebulosa che ci si prospetta. Non ci è dispiaciuto saperci incerti, dubbiosi, perché l’idea del “Non so” diventa anche una positiva acquisizione di consapevolezza, con umiltà e spirito di ricerca.
Un chi, dove e perché nel mondo che strappa anche un sorriso!
Buona Lettura!
Del “Cogito ergo sum” ci siam riempiti le tasche dai tempi di Cartesio, e ben prima di vedere la luce, questo breve slogan, sembra aver fatto la fortuna di uomini e donne che, forti dell’esperienza e della propria capacità di discernere, hanno fatto affidamento all’unico porto sicuro, quello della propria ragione.
Un vantaggio sociale, quello della libertà dell’uso della ragione, a favore del progresso della società attuale e di quella delle generazioni future. In un mondo in cui l’accesso alle fonti di informazione è pressoché infinito, la smania di cogliere, fra le mille opportunità, la strada giusta dell’interpretazione, lascia oggi spazio alla necessità di mettersi in gioco anche su sentieri sconosciuti. Ci siamo imposti pagine di tomi più disparati per costruire un futuro di successo, ma in un una realtà in continuo mutamento, dobbiamo essere prima di tutto essere predisposti al cambiamento e alla flessibilità mentale.
Niente sarà più come prima, è diventato un mantra dei nostri giorni, eppure, cos’è che sarà?
Un mondo dai contorni tuttora sbiaditi, che a volte non basta solo porsi le domande giuste, ma anche lasciarsi andare ad un sano e liberatorio non lo so, perché quei giorni che cantava Guccini dove “tutto era presente e il futuro, un qualcosa lasciato al domani, un qualcosa di incerto ed insicuro”, risuonano forti e chiari soprattutto oggi.
L’emergenza ha svelato il volto della società, spesso qualunquista e con tutti i suoi limiti. Abbiamo dimenticato come si pensa in modo critico, cioè come si parla con se stessi, con gli altri e con il mondo che ci circonda.
Dalle teorie dei supereroi a quelle più partigiane del vivere comune, il rischio che si corre è lasciare che siano gli altri a parlare per noi, alla ricerca della voce più accredita a cui fare eco, perché identificarsi con un vicino di quartiere è quasi più rassicurante (e fruttuoso).
Non tutti i mali vengono per nuocere: in questi mesi siamo passati da un umile “non so utilizzarlo”, ad una conoscenza e gestione più accurata dell’ambiente digitale, forse sono cambiati anche i nostri processi di apprendimento ed è giusto chiedersi come continuare a favorirli, integrandosi alle abilità e alle capacità di ciascuno. Un nuovo paradigma formativo che dovrà essere inclusivo per tutti, non solo per le aziende che hanno dovuto ulteriormente adattare i propri modelli formativi abituali, ma soprattutto per il mondo dell’istruzione e la sua corsa affannosa verso una equa digitalizzazione nel futuro post-covid.
E quando le tante discipline umanistiche non sono bastate a dare risposte a problemi emergenti e pressanti, si è affidata la risoluzione dell’incertezza a dati e numeri, come estrema sintesi della realtà. Eppure, alle volte, neanche la scienza può fornirci la risposta adeguata, o forse è solo questione di tempo perché le cose migliori necessitano di cura e dedizione.
Tra i tanti “non lo so”, ce sono alcuni che chiedono di non essere lasciati in sospeso in onore della libertà e della nostra integrità, perché diventino “io ricordo” nella celebrazione dell’umanità.
Di una cosa siamo certi: non potremo certamente determinare l’andamento delle lancette, ma i cambiamenti seguiranno il nostro passo, in un viaggio attraverso la tana del bianconiglio.
#Giustadisale – Tutto ciò che ha gusto
“Il mio consiglio è di non chiedersi perché e per come, ma semplicemente di godersi il gelato mentre è sul piatto – questa è la mia filosofia” scriveva Wilder. Che sia il tempo giusto per farlo, temperature dalla nostra, nessuno lo mette in dubbio. In questo numero, Laura Malfatto ci racconta la storia del cono gelato, ma cosa si nasconde dietro questa delizia senza tempo?
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Scaffale
I frustrati, Claire BretécherI, Bompiani
In fondo, per quanto sia a volte liberatorio affidarsi all’incertezza, spesso è inevitabile lasciarsi sopraffare da un senso di impotenza. È dalle immagini che, per questo numero, vogliamo attingere per prendere un po’ alla leggera e con un tratto umoristico, quello che non sappiamo. Una serie che nasce dalla penna di Claire Bretécher, pubblicata in Francia dalla stessa autrice in cinque volumi tra il 1975 e il 1980, venne pubblicata anche in Italia nel 1977 sulla rivista Linus e in seguito raccolta in volumi da Bompiani. I suoi personaggi da “Agrippina” e “Cellulite” hanno anticipato spesso temi controversi, tanto che nel 1976 il filosofo Roland Barthes la definì “sociologo dell’anno”.
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La sfida per i lettori
Volendolo declinare tra passato, presente e futuro: cos’è che oggi per te necessita di una risposta? E cos’è che ha bisogno di più tempo per arrivare a risoluzione?
Scrivici se vorrai le tue riflessioni all’indirizzo illatopositivo@cnsonline.it
I contributi del lato positivo si arricchiscono sempre di più, alimentando una continua catena di diffusione di valore. Ringraziamo Giuliana Caroli di Coopservice per la sua riflessione sullo scorso numero “Dal vivo”, con un focus su un tema che ci tocca particolarmente da vicino e Maria Rita Fiasco del Gruppo Pragma per il suo articolo su come è cambiato il nostro modo di apprendere.
Un sentito grazie anche a Luana Grilli, de Il Mandorlo, per averci concesso più di due chiacchiere spaziando dalla sociologia, alla psicologia e alla teoria delle organizzazioni, con gli occhi di chi con passione porta avanti il suo lavoro. A lei, abbiamo chiesto di condividere il suo lato positivo, in questa storia.
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