
Solide fondamenta – foto di Maurizio di Leo
LA CASA COMUNE
Lo scorso numero, che pure vale la pena rifrescare la memoria agli smemorati, o costruirla nei neofiti del Lato Positivo, abbiamo parlato di incertezza, di quei tanti “non lo so” da cui dovremmo, spesso e volentieri, lasciarci cullare. L’idea adesso sarebbe quella di provare a capire come vorremmo che fosse questa “casa comune”, un luogo da abitare e gestire, in un momento storico in cui forse possiamo ripensare alle regole finora adottate. L’Europa ha scelto la strada cooperativa e le tante risorse in arrivo ci chiedono un dialogo costruttivo, per edificare su solide basi.
Buona Lettura!
Ormai lo abbiamo capito: la casa comune è la nostra terra. Non serve tuttavia andare troppo in là, c’è chi lungo lo Stivale ha continuato a pensare e fare scelte virtuose, a misura d’uomo e d’ambiente. Ma svoltando l’angolo dei confini, lo sviluppo sostenibile oltre ad essere la strada migliore, sembra anche la portata più deliziosa, dove uguaglianza e criteri minimi per una buona esistenza, si intersecano fra le linee di un nuovo principio economico da annoverare fra i manuali di cucina quotidiani.
Diseguaglianze, ne abbiamo parlato dal primo numero, la pandemia ci ha riportato a casa in smartworking , tanti “cervelli in fuga”, rientrati nei luoghi di origine, potrebbe non essere così utopico ripensare alla competizione tra nord e sud e trovare il modo di interrompere l’esodo, restituendo valore ai territori spopolati. Perché quello che importa è come lo fai, e non dove.
Una casa comune globale, di cui bisogna salvarne il respiro, insieme come in un’assemblea mondiale, fatta di cittadini, comunità indigene e artisti. Ognuno con il proprio linguaggio a rincorrere il senso comune del vivere sotto lo stesso tetto, smettendo la guerra, che, come Penelope, distrugge di notte tutto quello che si è costruito di giorno. Una casa che non conosce discriminazioni e che fa della connessione un diritto per tutti perché quelli fondamentali devono essere condivisi e non possono essere merce di scambio.
La casa che vorremmo è fatta di pragmatismo e fantasia, dove raccogliere punti di vista e nuovi modelli di sviluppo, lasciando fuori i luoghi comuni, come un virus ci ha insegnato a fare, e dove la libertà sia il presupposto da cui cominciare a ragionare.
Eppure, fra tutte le conquiste esistenziali, che la leggerezza sia la chiave giusta per non avere “macigni sul cuore”, forse qualcuno non sarà contento, ma la metà del cielo probabilmente sì.
In fondo, bisogna anche essere disposti ad affrontare degli esperimenti radicali, per capire cosa sia davvero importante, in una nuova storia che si costruisce solo con un punto e a capo.
Noi di CNS lo facciamo così, in un viaggio da cooperatori in mezzo ai cooperatori, verso una casa comune che ha bisogno di essere creduta per essere vista.
Intanto, andiamo avanti.
#Giustadisale – Tutto ciò che ha gusto
La casa comune dovrebbe essere un luogo in cui abitano prima di tutto buone e salutari emozioni, in un percorso che a volte è del tutto personale e si articola fra le stanze della nostra mente. C’è una pandemia già denunciata da anni che riguarda 3 milioni di italiani, di cui poco si tratta. Laura Malfatto incontra Andrea Pamparana, giornalista e scrittorenoto al pubblico per la rubrica “Indignato Speciale” su RTL 102.5 e al TG5,per una confronto che muove dal nuovo libro dell’autore,“Prozac. La pillola della felicità”, in cui si intrecciano interviste ad autorevoli esperti con aneddoti e racconti frutto di oltre 30 anni di esperienza.
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Luci Cooperative
Biljana Prijic, Alleanza 3.0
Qualche anno fa nasceva a Parigi il network europeo dei giovani cooperatori. Come si dice, io c’ero. E sono persino – occhialuta, sorridente e di profilo – nella trascurabile foto della notizia dell’evento. Si univano per me in quel momento due anime che abitavo con disinvoltura, quella cooperativa e quella europea. Ciascuna delle due è per me una casa comune, a cui sono affezionata e a cui non risparmio critiche. Le vorrei entrambe più aperte, più inclusive, più coraggiose. Persino più divisive, se serve. Le sento minacciate da forze conservatrici e qualunquiste, che tentano di svicolare alla domanda “Cosa è meglio per i molti anziché per i pochi?” buttando tutto in caciara. L’insistenza sulle nazioni e sui nazionalismi mi sembra corrispondente alla difesa di corporazioni e privilegi eterni in ambito economico. Invece una Europa davvero unita e più sovrana mi sembra possa bene accogliere la crescita di forme di impresa che si basano sulla democrazia e l’uguaglianza dei soci. Vedo io stessa l’utopia e forse l’ingenuità dietro queste parole, ma la spinta ideale credo ci aiuti ad agire meglio con realismo e senso pratico nella vita quotidiana, sia personale che professionale. L’Europa e le sue istituzioni, così come la cooperazione e le sue strutture, hanno enormi difetti. Ma noi che le abitiamo e le amiamo, nonostante tutto, siamo i soli e le sole che possiamo lavorare per migliorarle anziché per buttarle giù.
Scaffale
L’educazione, Tara Westover, Feltrinelli
Rovesciando il buon Montale di non chiederci la parola, la sfida di Tara è quella di superare il ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, per arrivare con fierezza a un risolutivo “ho capito chi sono e cosa voglio”.
Figlia di una famiglia di mormoni americani, ultima di sette fratelli, mai registrata all’anagrafe e priva di qualsiasi forma di istruzione.
Una giovane che attraversa una provincia americana timorata di Dio, con regole che lasciano poche speranze.
Una continua lotta, lacerante, dubbiosa, tra ciò che è stata e ciò che sarà.
Tara studia, tanto, scopre una vita vissuta tra bugie, finte credenze, pletoriche imposizioni.
Una vita diversa è possibile, grazie all’educazione.
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La sfida per i lettori
Scrivici le tue considerazioni all’indirizzo illatopositivo@cnsonline.it
Ogni esercizio di stile, e di approfondimento, nasce e si nutre delle giuste fonti. Ringraziamo Valeria Fazio di BDO per il suo articolo su un nuovo modello di sviluppo. Ma lasciamo voce anche alle immagini: per la copertina di questo numero, il nostro fotografo di fiducia è sceso in strada, dove tutto vive e rifiorisce. Come nella Festa del commercio locale, a San Giorgio in Piano, un esempio di come tutti insieme si torna a vivere la propria “casa comune”.
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