
Cittadi-no foto di Maurizio di Leo
CITTADINI E NO
Tra i tanti dubbi che rivolgiamo al futuro esiste una certezza: cambieranno non solo le nostre abitudini, il nostro modo di abitare nel mondo, le aspettative verso il domani che verrà, cambierà radicalmente il nostro ruolo di cittadini nel mondo.
Tocqueville scriveva che le società “devono giudicarsi per la loro capacità di fare in modo che le persone siano felici”, e in questa attesa di felicità a oltranza i cittadini non si accontentano solo di proposte ma cercano in modo affannoso delle risposte plausibili, non solo economiche ma anche sociali e politiche.
Una ricerca di un rinnovato senso, uno sguardo poco più oltre il mondo capitalista verso una prospettiva nuova di concepire il sistema economico e in grado di produrre “un impatto sociale positivo” e che faccia del cittadino un universo valoriale da preservare. Una sfida, questa, non esente da difficoltà e contraddizioni, ma che conferma che“l’antidoto alla pandemia non è la segregazione ma la cooperazione” affinché nessuno come cantava De Gregori “si senta escluso”.
In questa nuova realtà siamo chiamati a ridefinire i nostri passi, una riappropriazione degli spazi pubblici a misura di geometrie e segni circoscritti, una realtà in divenire che corre il rischio dello straniamento.
Emerge evidente la necessità di trasparenza, che prescinda dalla corporeità, un bisogno che passa attraverso la comunicazione e l’informazione. Un ruolo quello del cittadino-giornalista che vede intaccata la sua funzione sociale di osservatore libero e democratico a favore di una narrazione pensata da intelligenze artificiali mutuata sugli interessi e i gusti dei lettori.
Un flusso di informazioni che ci deve necessariamente preservare dal rischio dell’”infodemia”, tra fake news e notizie verosimili che corrono più veloce del virus.
Ma se è vero che non ci si possa bagnare due volte nello stesso fiume, che almeno in questo continuo divenire resti il diritto di accesso all’acqua, che scorre veloce, ma non per tutti.
Il rischio è di mettere a repentaglio anche la propria salute a causa di una forte disuguaglianza sociale che esclude persino dal diritto di giocare e di quello di sentirsi parte di una collettività che fa del “rilancio” un vero e proprio investimento.
Comunquemente, avremo prima o poi la risposta a tutti i problemi, magari con una mano in tasca e l’altra a darci il cinque, per aver fatto tutto sommato un buon lavoro.
#Giustadisale – Tutto ciò che ha gusto
“Democrazia come palestra dinamica di confronto e di idee”. Laura Malfatto incontra Pier Ferdinando Casini, già Presidente della Camera dei Deputati, per una riflessione sul ruolo del cittadino e del suo senso civico all’interno della comunità, principi essenziali dell’esperienza cooperativa, indagando indirettamente sulla relazione tra impegno civico – stato di emergenza – ruolo della cooperazione.
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Luci Cooperative
Se un miliardo di persone al mondo sono socie di (almeno) una cooperativa è anche perché la cooperazione ha considerato da sempre che un consumatore / lavoratore / utente / abitante eccetera è prima di tutto un essere umano, e subito dopo un cittadino di una comunità. Sembra quasi troppo facile pensare che con mutualità interna (vantaggi per i soci) e mutualità esterna (cooperazione tra i soci e la comunità) si compia perfettamente l’agire bene di un soggetto economico e, a questo punto, anche sociale, quale è una cooperativa. Ma il bello della cooperazione è che il suo principio base è semplice. Tre soci, i loro bisogni, una testa un voto, e una buona idea imprenditoriale. Ecco, la complessità del mondo contemporaneo resta tutta e non ci viene risparmiata. Stare sul mercato da cooperatori è difficile come per tutti gli altri. Possiamo osare trasformare l’antica consapevolezza che il socio è anche cittadino in un vantaggio competitivo? Secondo me sì. Sembravamo tutti consumisti indefessi monolitici, finché non ci siamo ritrovati chiusi in casa a ripartire dalle domande essenziali: siamo tutti cittadini, no?
Scaffale
“Il mondo nuovo”, Aldous Huxley, Mondadori Editore
“1984”, George Orwell, Mondadori Editore
In questo numero vogliamo proporvi due capisaldi della letteratura distopica. Pagine che fanno del mondo una tela grigia in cui il cittadino è anestetizzato in modo speculare: lì dove appare carente di senso civico plasmato da un modello edonistico di società incentrata sul consumo e l’eliminazione del dolore, si contrappone uno fondato sulla continua creazione di dolore attraverso una perpetua violenza distruttiva e il controllo di massa.
Dall’unione dei due, nasce uno spaccato sulla nostra società a forma di fumetti.
Leggi il webcomic
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La sfida per i lettori
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